Cnr-Istituto di Scienze Marine

L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche svolge attività di ricerca fondamentale e applicata in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina.

L’obiettivo è contribuire allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica, allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste.

                               L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISMAR) svolge attività di

Ricerca Fondamentale e Applicata

in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina con l’obiettivo di contribuire sia allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica che allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste

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La missione della Joides Resolution in Tirreno: il racconto in presenza e in streaming

Nell’ambito delle attività della Sezione di Geologia Marina della SGI, desideriamo invitarvi a seguire la commemorazione della Professoressa Maria Bianca Cita, accademica dei Lincei, recentemente scomparsa, che verrà tenuta dal Dottor Angelo Camerlenghi in via telematica, il 18 settembre 2024 alle ore 15,00.

A seguire, Agata Di Stefano, Maria Filomena Loreto, Alessio Sanfilippo e Nevio Zitellini (CNR-ISMAR) terranno un seminario sulla recente missione della Joides Resolution in Tirreno, dal titolo “An overview of the IODP Exp 402: Continent – ocean transition in the Tyrrhenian basin” di A. Di Stefano, M.F. Loreto, A. Sanfilippo, N. Zitellini and the IODP Expedition 402 Scientists.

Il collegamento per seguire entrambi gli eventi è disponibile all’url:
https://us06web.zoom.us/j/82631830509?pwd=c0iMcBDVbScKutTbU89FPA6gEj8wQb.1
ID riunione: 826 3183 0509
Codice d’accesso: 381417

Dopo 60 giorni passati in mare aperto, lungo il mar Tirreno, la nave da perforazione JOIDES Resolution torna a Napoli, da dove era partita, concludendo la spedizione oceanografica dell’International Ocean Discovery Program (IODP) 402 – Transizione Oceano-Continente nel Tirreno.

A bordo un carico di peridotiti, preziose rocce che potranno fornire inedite informazioni sulla composizione e sul comportamento del mantello terrestre.

“Queste rocce, così chiamate da uno dei suoi costituenti principali, il peridoto, sono difficilissime da ‘raccogliere’ perché normalmente si trovano a 30-50 chilometri al di sotto della superficie terrestre”, spiega Nevio Zitellini, dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar) e tra i coordinatori scientifici della campagna IODP 402. “Il nostro pianeta è suddiviso in involucri concentrici: la crosta, il mantello e il nucleo. Tutto ciò che riguarda la composizione della parte interna della Terra, tra cui il mantello, è in gran parte derivato da misure indirette, come ad esempio la propagazione delle onde sismiche generate dai terremoti. Manca, cioè, l’osservazione diretta o, come dicono i geologi ‘la prova del campione in mano’. Il Tirreno è un caso eccezionale perché queste rocce sono praticamente affioranti sul fondo del mare, nella sua parte più centrale”.

La spedizione ha interessato due transetti nel Tirreno. Un transetto est-ovest con lo scopo di analizzare la progressione dalla crosta magmatica al mantello esumato; un transetto nord-sud per mappare la zona di faglia che ha permesso l’esumazione del mantello e per valutare i processi che hanno agito all’interfaccia idrosfera-litosfera e i potenziali ecosistemi correlati.

“Sono state effettuate sei perforazioni ad una profondità di circa 2800-3600 metri e di queste ben due hanno raggiunto le peridotiti. Ne abbiamo collezionate più di un centinaio di metri e abbiamo ‘pescato’ anche altro materiale, tra cui delle rocce granitoidi, inaspettate in mezzo al Tirreno visto che solitamente si trovano sotto i nostri piedi quando andiamo a sciare in Val D’Aosta” prosegue Alberto Malinverno, del Lamont-Doherty Earth Observatory (Ldeo) della Columbia University e altro coordinatore della campagna IODP 402.

“Le peridotiti che abbiamo raccolto sono estremamente importanti. Ci permetteranno per esempio di chiarire meglio i meccanismi che portano alla separazione dei continenti, al vulcanismo che interessa tutta l’area meridionale della penisola italiana, fino ai processi di cattura del carbonio da parte di queste rocce”, aggiunge Zitellini.

Emergenza Pinna nobilis in Laguna di Venezia

Dopo aver colpito gli affioramenti rocciosi (tegnùe) al largo del Veneto, come segnalato lo scorso dicembre, l’epidemia che da alcuni anni sta decimando Pinna nobilis in tutto il Mediterraneo è purtroppo penetrata anche in Laguna di Venezia, uno degli ultimi rifugi della specie.

L’Istiuto di Scienze Marine (CNR-ISMAR) di Venezia ha infatti rilevato negli ultimi mesi valori anomali di mortalità anche nelle popolazioni di Pinna nobilis lagunari. Le attività di ricerca hanno visto l’applicazione di approcci e strumenti innovativi per il monitoraggio della specie, in particolare presso alcune colonie nei bassofondali della laguna centrale. Analisi condotte in collaborazione con il Centro Specialistico Ittico dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) hanno poi confermato la presenza del microrganismo Haplosporidium pinnae, patogeno diffuso attraverso le correnti marine e principale indiziato per queste gravi morie. Le indagini proseguono per monitorare l’evolversi del fenomeno e sviluppare una strategia di risposta alla crisi, obiettivo prioritario al fine della conservazione della specie.

Pinna nobilis è una specie endemica del Mediterraneo, soggetta a tutela da parte di normative nazionali ed internazionali. Tra i più grandi e longevi bivalvi al mondo, svolge un ruolo ecologico fondamentale, modificando la struttura dell’habitat di elezione ed incrementandone la biodiversità. Inoltre, in quanto organismo filtratore, favorisce il ricircolo della sostanza organica e pertanto la funzionalità dell’ecosistema. A causa della grave crisi scatenata dall’epidemia in corso, la specie è stata recentemente dichiarata “criticamente minacciata” dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). La comunità scientifica sta lavorando per identificare misure di conservazione efficaci. Le possibilità di recupero della specie risiedono in primo luogo nell’identificazione di colonie sopravvissute e di individui resistenti al patogeno. In tal senso, l’elevata densità ed estensione delle colonie della Laguna di Venezia, assieme alla varietà delle condizioni ambientali che la caratterizzano, potrebbero favorire una maggiore sopravvivenza, rappresentando pertanto una speranza di recupero delle popolazioni colpite e di reintroduzione laddove la specie è scomparsa.

Tutti possono dare un contributo a queste attività di ricerca e salvaguardia: l’iniziativa di citizen science “Mappa la Pinna”, lanciata in rete e attraverso i social network, si rivolge ai subacquei, ai diportisti e a tutti coloro che frequentano le coste e le lagune del Veneto, con l’invito a segnalare la presenza di esemplari di Pinna nobilis attraverso il sito https://cutt.ly/pinna o nella pagina Facebook dedicata.

Informazioni: Marco Sigovini, CNR-ISMAR, Venezia

Next seminar

Giovedì 19 giugno  ore 14:30    –    ON LINE LINK
Dr. Fabrice Arhuin (CNRS, IRD, Ifremer, Laboratoire d’Océanographie Physique et Spatiale)
Sizing the largest ocean waves using the SWOT mission”  
Flyer

Attestato di partecipazione:
richiederlo in chat a inizio seminario. L’attestato viene rilasciato a chi rimane in sala per l’intero seminario

“Partecipando a questo incontro, accetti che lo stesso venga registrato e reso disponibile. Dalla registrazione verranno eliminati lista dei partecipanti e chat”
Ricordiamo a tutti di tenere spento il proprio microfono. Accenderlo solo in caso di intervento.

“By accessing this meeting you acknowledge that it will be recorded and made available. Chat and participant list will not be recorded.”
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