Cnr-Istituto di Scienze Marine

L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche svolge attività di ricerca fondamentale e applicata in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina.

L’obiettivo è contribuire allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica, allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste.

                               L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISMAR) svolge attività di

Ricerca Fondamentale e Applicata

in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina con l’obiettivo di contribuire sia allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica che allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste

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Dati presto disponibili

“Eventi climatici estremi e realtà locali” a Forlì dal 28 settembre

La tempesta “Vaia” del 2018 ha devastato circa 41 mila ettari di boschi con raffiche di vento oltre i 200 km/h, colpendo Trentino e Alto Adige, Veneto, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia.

Il METS – Museo Etnografico Trentino (@museosanmichele) – ha voluto ripercorrere il senso e l’impatto emozionale dell’evento atmosferico estremo che ha sconvolto i paesaggi con cui siamo cresciuti, allestendo una mostra per evidenziare come la crisi climatica stia modificando il pianeta. Dopo la prima visione a Trento, la mostra viene presentata ora in Romagna, terra fortemente provata dalle recenti innondazioni.

Le zone interessate da Vaia sono studiate da molto tempo anche dagli istituti del CNR, in particolare dall’infrastruttura LTER italiana (Long Term Enviroment Research), che da oltre 30 anni raccoglie dati sulla biodiversità, gli ecosistemi e i cambiamenti climatici. La mostra ospiterà anche una postazione di presentazione del volume prodotto da Rete LTER – CNR. Alla mostra parteciperanno anche le ricercatrici Ismar Mariangela Ravaioli e Francesca Alvisi.

Allestita nei locali di via Valverde 15, la mostra sarà aperta dal 28 settembre al 3 dicembre 2023 e vi è invitata tutta la cittadinanza. Particolare cura verrà dedicata a rendere possibile le visite delle scuole, che saranno programmate in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale e Provinciale, puntando al coinvolgimento di ogni ordine di scuole: dalle elementari alle secondarie di secondo grado;

La mostra è accompagnata da un ciclo di incontri rivolti alla formazione degli insegnanti e aperto alla cittadinanza, dal titolo “Eventi climatici estremi e realtà locali. Conoscenza scientifica e studi prevalenti. Mitigazione e adattamento per una migliore sostenibilità”. Tra i relatori le ricercatrici Ismar  M. Ravaioli e F. Alvisi. L’obiettivo è quello di diffondere la conoscenza di questa complessa tematica e aumentare la consapevolezza di ciò che la scienza ci suggerisce di fare come comunità e come singoli. Si tratta di una proposta di incontri che, anche alla luce della recente alluvione avvenuta in Romagna, cerca di guardare al fenomeno degli “eventi climatici estremi” con un approccio “globale e locale” attraverso il coinvolgimento degli esperti. Dopo la conferenza di apertura del 28 settembre, sono in programma sette incontri, che si svolgeranno con cadenza settimanale tra ottobre e novembre e saranno ospitati nell’aula magna dell’ITIS G. Marconi di Forlì in orario pomeridiano, dalle 15 alle 18. Tutti i materiali utilizzati dai relatori saranno messi a disposizione dei docenti che parteciperanno agli eventi

📅 28.09 – 3.12

📍 Forlì, presso la sede di Nuova Civiltà delle Macchine, via Valverde 15

👉 Per maggiori informazioni consulta la brochure: https://issuu.com/claudiocasali4/docs/brochure_vaia_bassa_1_

  1. pieghevole della manifestazione
  2. testo di presentazione del progetto
  3. progetto con eventi conferenza dettagliati
  4. incontro 6 ottobre: Vaia
  5. incontro 12 ottobre: l’alluvione in Romagna

Anche le bioplastiche si degradano lentamente nell’ambiente

Se disperse nell’ambiente anziché conferite correttamente nel compost, anche le bioplastiche hanno tempi di degradazione molto lunghi, comparabili a quelli di materiali plastici non bio. Lo dimostrano i risultati di un innovativo esperimento condotto congiuntamente da Consiglio nazionale delle ricerche – coinvolto con l’Istituto dei processi chimico-fisici (Cnr-Ipcf) e l’Istituto di scienze marine (Cnr-Ismar), Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e Distretto ligure per le tecnologie marine (Dltm), con il supporto di Polizia di Stato-Centro Nautico e Sommozzatori La Spezia (CNeS).

Lo studio, pubblicato sulla rivista open access Polymers, ha riguardato il comportamento a lungo termine di differenti tipologie di granuli di plastica vergine (resin pellet) utilizzati per realizzare oggetti di uso comune.

Sono stati comparati due polimeri tra i più impiegati negli oggetti di plastica, HDPE e PP, e due polimeri di plastica biodegradabile, PLA e PBAT, verificandone il grado di invecchiamento e degradazione rispettivamente in acqua di mare e sabbia: in entrambi gli ambienti, nell’arco di sei mesi di osservazione, né i polimeri tradizionali né quelli bio hanno mostrato una degradazione significativa. L’osservazione dei campioni, unitamente all’esito di analisi chimiche, spettroscopiche e termiche condotte presso il laboratorio pisano del Cnr-Ipfc, coordinato dalla ricercatrice Simona Bronco, mostra che nell’ambiente naturale le bioplastiche hanno tempi di degradazione molto più lunghi rispetto a quelli che si verificano in condizioni di compostaggio industriale.

“Data l’altissima diffusione di questi materiali, è importante essere consapevoli dei rischi ambientali che l’utilizzo della bioplastica pone, se dispersa o non opportunamente conferita per lo smaltimento: è necessario informare correttamente”, spiega la ricercatrice Silvia Merlino del Cnr-Ismar di Lerici (La Spezia), coordinatrice del progetto. “Questo studio mette in luce l’importanza di una corretta informazione riguardo alla plastica biodegradabile, soprattutto dopo lo stop alla plastica usa e getta in vigore in Italia dal gennaio 2021 in attuazione della direttiva europea ‘Single use plastic’, che ha portato alla progressiva commercializzazione di prodotti monouso in plastica biodegradabile, come i polimeri presi in esame”, aggiunge Marina Locritani, ricercatrice dell’Ingv e co-coordinatrice dello studio.

L’esperimento, ad oggi il primo di questo tipo realizzato interamente in situ, ha utilizzato per il set up sperimentale la piattaforma multiparametrica di monitoraggio ambientale “Stazione Costiera del Lab Mare” posta a 10 metri di profondità nella Baia di Santa Teresa nel Golfo della Spezia, realizzata nell’ambito del progetto Laboratorio Mare del Distretto ligure per le tecnologie marine (cofinanziamento Regione Liguria, risorse PAR-FSC 2007-2013 “Fondo per lo sviluppo e la coesione”), alla quale collaborano anche l’Istituto Idrografico della Marina e l’Enea. Qui, grazie anche al supporto del Centro nautico e sommozzatori di La Spezia e della Cooperativa mitilicoltori spezzini, sono state alloggiate particolari “gabbie” progettate per contenere i campioni di plastica; è stata inoltre predisposta una vasca contenente sabbia, esposta agli agenti atmosferici per simulare la superficie di una spiaggia. L’esperimento è tuttora in corso e si concluderà nel 2023.

Ulteriori esperimenti riguarderanno lo studio dei processi di degradazione in condizioni di maggiore profondità, grazie all’installazione di ulteriori gabbie contenenti plastiche e bioplastiche nella “Stazione profonda del Lab Mare” a circa 400 metri di profondità, sempre in acque liguri. Inoltre, in collaborazione con l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta (Izto), è già in corso un ulteriore studio che prevede l’analisi comparata dello stato di degradazione dei resin pellet in mare e della presenza di sostanze chimiche (IPA, PCB, pesticidi) ivi disciolti e da essi assorbiti, nonché il confronto con i processi di ritenzione di contaminanti da parte dei mitili, storicamente ritenuti le “sentinelle” dell’inquinamento.

Immagini: wetransfer.com

La scheda:

Chi: Istituto dei processi chimico-fisici (Ipcf) del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa; Istituto di scienze marine (Ismar) del Consiglio nazionale delle ricerche di Lerici (La Spezia); Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv); Distretto ligure per le tecnologie marine (Dltm), con il supporto del Dipartimento Polizia di Stato – Centro nautico e sommozzatori di La Spezia (CNeS).

Che cosa: Articolo “An In Situ Experiment to Evaluate the Aging and Degradation Phenomena Induced by Marine Environment Conditions on Commercial Plastic Granules”. Polymers 2022, 14, 1111; https://doi.org/10.3390/polym14061111 (mdpi.com)

Per informazioni: Silvia Merlino, Cnr-Ismar, silvia.merlino@sp.ismar.cnr.it, cell: 349.4330426; Marina Locritani, Ingv, marina.locritani@ingv.it, cell: 320.8230692; Simona Bronco, Cnr-Ipcf, simona.bronco@pi.ipcf.cnr.it, cell: 347.6121262 (recapiti per uso professionale, non pubblicare).

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Giovedì 19 giugno  ore 14:30    –    ON LINE LINK
Dr. Fabrice Arhuin (CNRS, IRD, Ifremer, Laboratoire d’Océanographie Physique et Spatiale)
Sizing the largest ocean waves using the SWOT mission”  
Flyer

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