Cnr-Istituto di Scienze Marine

L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche svolge attività di ricerca fondamentale e applicata in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina.

L’obiettivo è contribuire allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica, allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste.

                               L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISMAR) svolge attività di

Ricerca Fondamentale e Applicata

in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina con l’obiettivo di contribuire sia allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica che allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste

VENEZIA

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Dati presto disponibili

Festival della Cultura Tecnica e scientifica Citta Metropolitana di Bologna. 27/11. Ore 10

Festival della Cultura Tecnica I.C. 6 Imola
Mercoledì, 27 novembre · 10:00 – 12:00

il 27 novembre 2024 CNR-ISMAR è tra i protagonisti dell’evento:

Storie di scienziate, corpo umano, ambienti estremi e radiazioni – AGENDA 2030 delle/i bambine e bambini – risultati dell’anno scolastico 2023/24 delle classi 1A, 1B, 5B e 5C dell’IC6 di Imola.

>> Link per collegamento in remoto: https://meet.google.com/bht-xycv-svz

>> Locandina

Bambine e bambini dell’IC6 di Imola delle primarie Rubri e Cappuccini, aderenti al Progetto promosso dalla Città metropolitana di Bologna, salgono “in cattedra” per presentare i prodotti realizzati grazie all’attività svolta con le docenti e le ricercatrici Mariangela Ravaioli (CNR-ISMAR/ Donne e Scienza), Mila D’Angelantonio (CNR-ISOF/Donne e Scienza)

Obiettivi Agenda 2030 ONU: 4, 5, 14, 12, 15.

Organizzato da Associazione Donne e Scienza, Scuola Primaria Ic6 di Imola, l’evento gode dell’appoggio e della collaborazione delle famiglie. Protagonisti anche gli isituti del CNR Ismar e Isof.

Il progetto Agenta 2030 Onu per le bambine e bambini, è parte della progettualità di Citta’ metropolitana di Bologna, Area della Ricerca di Bologna CNR e Inaf (con tutti i suoi istituti) e Associazione Donne e Scienza, e Ufficio scolastico regionale per l’Emilia Romagna

Il progetto pilota “Agenda 2023 delle bambine e dei bambini” è guidato dalla Dirigente della scuola Teresa Cuciniello e coordinato dalla project manager Emanuela Bianchi, realizzato in classe dalle insegnanti Domenica Giordano, Annarita Bernabini e Lucia Lo Iacono. Sul territorio della Città metropolitana il progetto viene svolto in collaborazione con Ufficio scolastico regionale Emilia-Romagna Ambito territoriale di Bologna e l’Area territoriale della Ricerca CNR-INAF di Bologna.

Ad animare le presentazioni sarà presente Radioimmaginaria, la radio degli adolescenti.

La giornata sarà aperta dai saluti di Teresa Cuciniello (Dirigente scolastica IC6), Emanuela Bianchi (Project manager di “Agenda 2023 delle bambine e dei bambini” ), Sveva Avveduto (Presidente Associazione Donne e Scienza), Giuseppina Lanzoni e Carla Govoni (Associazione imolese “PerleDonne”).

>> Link per collegamento in remoto: https://meet.google.com/bht-xycv-svz


Altri Video realizzati da Radio immaginaria sul progetto:

https://vimeo.com/883395868

https://vimeo.com/889527610

Il monitoraggio satellitare dei rifiuti marini diventa realtà

Il nuovo sviluppo tecnologico per rilevare l’inquinamento da plastica galleggiante è stato testato nel Mar Mediterraneo. Utilizzando i satelliti attualmente in orbita, i ricercatori hanno ottenuto una visione senza precedenti delle emissioni e delle aree di accumulo dei rifiuti marini. La futura implementazione di un sensore satellitare appositamente progettato per questo scopo potrebbe aumentare di venti volte la capacità di rilevamento attuale.

I satelliti sono una nuova opportunità per monitorare l’inquinamento marino da plastica. Tuttavia, fino ad ora, la quantità di plastica sulla superficie del mare raramente era abbastanza elevata da generare un segnale rilevabile dallo spazio. La plastica e altri detriti galleggianti devono essere aggregati in zone dense di almeno decine di metri per essere rilevabili dai satelliti esistenti. Queste macchie galleggianti sono chiamate chiazze, strisce o andane. In inglese si usa spesso il termine windrows. Questi accumuli superficali hanno spesso la forma di filamenti, essendo il risultato della presenza di convergenza nelle correnti sulla superficie del mare.

La presenza di una striscia è indicativa di un elevato inquinamento in un luogo e in un momento particolari. Tuttavia, lo sviluppo di una missione spaziale dedicata al monitoraggio globale dell’inquinamento da plastica basata sull’utilizzo di tali chiazze sparse ed effimere, solleva grandi domande. “Non sapevamo se l’abbondanza di queste chiazze fosse sufficiente per tracciare mappe o per rivelare tendenze nel tempo”, nota Andrés Cózar, dell’Università di Cadice (Spagna) e co-direttore del lavoro insieme a Manuel Arias, dell’Istituto di Scienze Marine, del CSIC (Spagna). Il lavoro è stato finanziato dal Discovery Element dell’Agenzia spaziale europea (ESA) ed il consorzio è composto da società spaziali multinazionali e istituti di ricerca di 6 paesi. Fanno parte del team anche Stefano Aliani e Giuseppe Suaria dell’Istituto di Scienze Marine (ISMAR) di Lerici.

Utilizzando una serie storica di 300.000 immagini satellitari raccolte nel corso di 6 anni, il team di ricercatori ha scansionato l’intero Mar Mediterraneo ogni tre giorni con una risoluzione spaziale di 10 metri, per valutare se le strisce presenti sulla superficie dell’oceano potessero essere usate come proxy per il monitoraggio dei rifiuti marini. Si sono affidati ai satelliti Sentinel-2 del programma Copernicus dell’Unione Europea, i cui sensori, però non sono progettati per il rilevamento dei rifiuti, ed hanno quindi una capacità piuttosto limitata per il rilevamento della plastica. “Cercare aggregati di rifiuti di diversi metri sulla superficie dell’oceano è come cercare aghi in un pagliaio”, spiega Manuel Arias. L’automazione di questo compito è stata possibile solo con l’uso di supercomputer e algoritmi di ricerca avanzati.

Sono stati trovate migliaia di strisce di rifiuti. Molte erano lunghe più di un chilometro e alcune fino a 20 km. Abbastanza per creare la mappa più completa fino ad oggi dell’inquinamento dei rifiuti marini nel Mediterraneo. “Il rilevamento dei rifiuti con un satellite non specializzato ci ha permesso comunque di identificare le aree più inquinate e i loro principali cambiamenti nel corso di settimane o anni. Per esempio, si è visto che molti rifiuti entrano in mare quando ci sono i temporali”, afferma Andrés Cozar.

“Un importante contributo di questo lavoro è stato la comprensione del significato delle strutture di accumulo in strisce superficiali di rifiuti nel contesto del monitoraggio marino – spiegano Aliani e Suaria – e si è visto che gli accumuli nelle windrows costiere sono principalmente associati alle emissioni di rifiuti terrestri avvenute nei giorni immediatamente precedenti”. Questa caratteristica rende queste formazioni particolarmente utili per la sorveglianza e la gestione del problema dell’inquinamento da plastica e gli autori illustrano questa applicabilità con casi reali. Infatti, il lavoro fornisce informazioni per la valutazione dell’efficacia dei piani d’azione contro i rifiuti marini a Roma (Italia), identificano un punto critico di inquinamento legato all’elevato traffico navale attraverso il Canale di Suez (Egitto) e utilizzano il satellite per fornire indicazioni per le operazioni di pulizia nel Golfo di Biscaglia (Spagna).

“Questo strumento è pronto per essere utilizzato in altre regioni del mondo e, siamo convinti, ci insegnerà molto sul fenomeno dei rifiuti, compresa l’identificazione delle fonti e dei percorsi verso l’oceano”, affermano gli autori. “C’è ancora margine di miglioramento. Il sensore utilizzato nella nostra prova non è stato progettato per rilevare la plastica. La capacità di rilevamento migliorerebbe enormemente se mettessimo in orbita una tecnologia di osservazione dedicata alla plastica”, sottolineano.

D’ora in poi, la possibilità di monitorare l’inquinamento dei rifiuti marini dai satelliti si rivela non solo fattibile, ma alquanto promettente. L’implementazione di un sensore ad alta risoluzione specificamente dedicato al rilevamento e all’identificazione di oggetti galleggianti di un metro di dimensione potrebbe essere utile anche in altre questioni rilevanti come il monitoraggio degli sversamenti di petrolio, perdite di carico dalle navi o attività di ricerca e salvataggio in mare.

Insieme ai ricercatori del CNR-ISMAR di Lerici, il gruppo internazionale è composto da ricercatori dell’Università di Cadice e del CSIC in Spagna, dell’Agenzia spaziale europea (ESA), ARGANS Francia, Universitat Politècnica de Catalunya (Spagna), Università Tecnica di Creta (Grecia), ARGANS Ltd. (Regno Unito), AIRBUS Defence and Space (Francia), Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione Europea, The Ocean Cleanup (Paesi Bassi) e ACRI-ST (Francia). Lo studio è stato finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e dal Ministero Spagnolo della Scienza e dell’Innovazione (Global Litter Observatory, rif. CTM2016-77106-R/ AEI/10.13039/501100011033/ Unione Europea NextGenerationEU/PRTR).

Articolo originale: A. Cózar and M. Arias et al. 2024. Proof of concept for a new sensor to monitor marine litter from space. Nature Communications, https://doi.org/10.1038/s41467-024-48674-7

Autori CNR-ISMAR, Lerici: Stefano Aliani (stefano.aliani@cnr.it 3476413562); Giuseppe Suaria (giuseppe.suaria@cnr.it 3403673260)

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Giovedì 19 giugno  ore 14:30    –    ON LINE LINK
Dr. Fabrice Arhuin (CNRS, IRD, Ifremer, Laboratoire d’Océanographie Physique et Spatiale)
Sizing the largest ocean waves using the SWOT mission”  
Flyer

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