Cnr-Istituto di Scienze Marine

L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche svolge attività di ricerca fondamentale e applicata in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina.

L’obiettivo è contribuire allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica, allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste.

                               L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISMAR) svolge attività di

Ricerca Fondamentale e Applicata

in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina con l’obiettivo di contribuire sia allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica che allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste

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Al via il progetto EU H2020 MAELSTROM per affrontare la problematica dei rifiuti marini che impattano gli ecosistemi costieri

Finalmente si parte! Dal 3 al 5 febbraio 2021 si terrà il Kick-off meeting del progetto MAELSTROM finanziato nell’ambito del programma dell’Unione Europea Horizon 2020 e dedicato alla mitigazione dell’impatto dei rifiuti marini negli ecosistemi costieri

MAELSTROM – Smart technology for Marine Litter SusTainable RemOval and Management, è un progetto quadriennale iniziato ufficialmente il 01 gennaio 2021, e coordinato dall’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISMAR). Il team di progetto è rappresentato da un Partenariato multidisciplinare che riunisce esperti di vari settori che vanno dalla robotica alla biologia marina, dal riciclo dei materiali e al coinvolgimento di cittadini e stakeholder.

L’obiettivo principale di MAELSTROM è quello di trovare soluzioni per ridurre l’impatto dei rifiuti marini negli ecosistemi costieri, identificando i luoghi di accumulo, intercettando i rifiuti fluviali galleggianti e rimuovendo quelli depositati sui fondali marini, soprattutto costituiti da materiali plastici, in modo da evitare la loro degradazione in microplastiche. Le attività riguarderanno la progettazione e la sperimentazione di tecnologie innovative, co-alimentate da energia rinnovabile e da un carburante di seconda generazione, in grado di rimuovere i rifiuti presenti in due vaste aree costiere nel Golfo di Venezia (IT) e nell’estuario del Douro a Porto (PT). Un’attenta valutazione ambientale sarà fatta prima e dopo le operazioni di rimozione per valutare l’efficacia e l’impatto ambientale di tali attività.

Con la visione di promuovere un’economia circolare, i materiali raccolti verranno trattati combinando processi e tecnologie innovative ed utilizzando metodi di trattamento fisico-chimico al fine di trasformarli in altri prodotti. In questo modo, i rifiuti marini diventeranno una nuova risorsa. I risultati ottenuti costituiranno un passo importante verso la neutralità climatica entro il 2050 e il disaccoppiamento della crescita economica dall’uso delle risorse, come previsto dal Green Deal Europeo.

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Scienza e tecnologia hanno bisogno di uno sguardo intersezionale, avvertono gli scienziati

Analizzare i modi in cui i diversi fattori sociali, politici e culturali possono intersecarsi nella vita delle persone non solo promuove l’equità, ma migliora anche la ricerca. In un articolo appena pubblicato sulla rivista Nature, un gruppo internazionale e multidisciplinare di ricercatori propone delle linee guida per includere l’analisi intersezionale nella ricerca sulle scienze naturali e sulla tecnologia.

Nielsen, M.W., Gissi, E., Heidari, S. et al. Intersectional analysis for science and technology. Nature 640, 329–337 (2025). https://doi.org/10.1038/s41586-025-08774-w

Senza un’analisi intersezionale, anche gli avanzamenti più promettenti della scienza e della tecnologia potrebbero non portare agli effetti desiderati, avvertono gli scienziati.

Un esempio significativo emerge dai problemi riscontrati nella tecnologia di riconoscimento facciale, ampiamente utilizzata da milioni di individui per sbloccare i propri dispositivi tecnologici. Inizialmente, la tecnologia dimostrava una capacità di riconoscimento dei volti di uomini bianchi con un tasso di errore dello 0,08%, mentre si osservava un tasso di errore più elevato per le donne e per le persone con carnagione più scura. In particolare, il tasso di errore raggiungeva il 34,7% nel caso delle donne nere.

Tuttavia, tale tecnologia è stata successivamente migliorata a seguito dell’identificazione del problema da parte dei ricercatori tramite l’analisi intersezionale, un approccio che mira a comprendere gli effetti combinati di sesso, genere, etnia, età, classe e altre dimensioni sociopolitiche sull’efficacia della tecnologia stessa.

Recentemente, un gruppo internazionale e multidisciplinare di ricercatori, coordinati dalla Prof.ssa Londa Schiebinger della Stanford University, con la partecipazione della Dott.ssa Elena Gissi, Primo Riercatore presso l’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha pubblicato su Nature un articolo che sostiene la necessità di integrare l’analisi intersezionale, una pratica sviluppata nelle scienze umane e sociali, nella ricerca nelle scienze naturali e nella tecnologia.

In questa sede, la dott.ssa Gissi illustra i risultati conseguiti da lei e dai suoi coautori e le ragioni per cui chiunque si occupi di ricerca dovrebbe interessarsene.

Nel 1989, la studiosa di diritto Kimberlé Crenshaw ha coniato il termine “intersezionalità” per descrivere come molteplici forme di discriminazione, potere o privilegio si intersechino nella vita delle persone. È possibile considerare il genere separatamente o l’etnia separatamente, ma quando si osserva l’intersezione o l’impatto combinato di questi fattori, è possibile comprendere meglio il problema e, di conseguenza, sviluppare soluzioni efficaci.

L’obiettivo della ricerca pubblicata su Nature è fornire linee guida ai ricercatori, alle riviste scientifiche e alle agenzie di finanziamento per l’implementazione dell’analisi intersezionale in tutti i campi di ricerca. In ogni settore, la ricerca non segue procedure prestabilite, pertanto lo studio recentemente pubblicato illustra il processo di integrazione di tale analisi, al fine di consentire a scienziati, ingegneri ed esperti di tecnologia di comprendere appieno le implicazioni di tale approccio.

Ignorare gli aspetti intersezionali può comportare la mancata considerazione dei fattori più rilevanti del problema oggetto di studio, con il rischio di perdere la chiave di lettura dello stesso. Uno degli esempi riportati nello studio riguarda la ricerca sull’inquinamento da plastica e sulla produzione di sostanze chimiche legate alla plastica. I ricercatori

hanno analizzato l’inquinamento da plastica considerando che l’esposizione delle persone varia a seconda dell’area geografica, un fattore di cruciale importanza. Tuttavia, uno studio ha integrato il fattore età, rivelando che le fasce di popolazione più vulnerabili includono i bambini, in quanto si trovano nelle prime fasi di sviluppo fisico e cognitivo. Sarebbe auspicabile condurre un’analisi distinta per sesso, in quanto le differenze biologiche per sesso potrebbero influire sul modo in cui gli individui metabolizzano le sostanze chimiche.

La ricerca in esame propone una prospettiva di applicazione dell’analisi intersezionale ad una vasta gamma di temi di ricerca nelle scienze naturali, nell’ingegneria e nella tecnologia, ma potenzialmente in ogni campo della ricerca. A partire dagli anni 2000, l’analisi del sesso e del genere ha favorito significativi progressi in termini di innovazione e riproducibilità della ricerca. Ad esempio, in ambito biomedico, ingegneria e in numerosi altri settori della ricerca, l’analisi del sesso e del genere è stata integrata nei sistemi di valutazione della ricerca da parte di agenzie di finanziamento quali la Commissione Europea e i National Institutes for Health americani (NIH). Numerose riviste hanno adottato le linee guida SAGER (Sex and Gender Equity in Research Guidelines). Numerose riviste, tra cui JAMA, Nature e The Lancet, hanno adottato linee guida per l’etnia e altri fattori socioeconomici, ma sussiste una carenza di linee guida per questo tipo di analisi intersezionale.

Lo studio recentemente pubblicato colma questa lacuna mediante una serie di esempi elaborati da un gruppo di ricerca multidisciplinare con sede negli Stati Uniti, Europa, Africa e Asia, proprio in virtù della natura dell’approccio proposto. L’analisi intersezionale, infatti, tiene conto di fattori sociali che variano in base alla cultura e al tema specifico di ricerca. Ad esempio, mentre negli Stati Uniti si tende a riflettere su concetti come sesso, genere, razza e status socioeconomico, in India è necessario considerare anche il sistema delle caste. Inoltre, l’analisi intersezionale si adatta diversamente in contesti geografici e culturali specifici, come evidenziato dagli autori.

Gli autori dello studio sottolineano che, nonostante non sia ancora largamente applicata, l’analisi intersezionale è già considerata come un metodo standard di ricerca in molte discipline, poiché consente di ottenere un’analisi più precisa e accurata della realtà, a supporto di politiche e soluzioni per problemi di portata globale.

Ogni ricercatore dovrebbe essere in grado di impiegare i metodi più adeguati per il proprio studio, e l’analisi intersezionale rappresenta uno strumento fondamentale per tale scopo. Lo studio è disponibile al seguente link: https://www.nature.com/articles/s41586-025-08774-w Per maggiori informazioni, contattare la Dott.ssa Elena Gissi (elena.gissi@cnr.it) co-autrice dello studio per il CNR.

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Giovedì 15 maggio ore 14:30

 

 

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