Cnr-Istituto di Scienze Marine

L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche svolge attività di ricerca fondamentale e applicata in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina.

L’obiettivo è contribuire allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica, allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste.

                               L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISMAR) svolge attività di

Ricerca Fondamentale e Applicata

in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina con l’obiettivo di contribuire sia allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica che allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste

VENEZIA

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Dati presto disponibili

Un contributo innovativo alla crisi energetica dal progetto GEOGRID

La crisi energetica ed il conseguente aumento delle bollette energetiche rappresentano un problema per tutti, cittadini e imprese. Dipendiamo da processi che non possiamo gestire e siamo inermi di fronte ad eventuali e severi “black out” di energia elettrica e termica indispensabili per la vita di oggi, pensiamo solo al cellulare o al bisogno di riscaldare le nostre abitazioni.

Le tecnologie sviluppate nel progetto Geogrid possono contribuire ad una svolta importante per l’utilizzo del calore della terra, che costituisce una fonte di energia rinnovabile, che non si esaurisce come le fonti fossili, poco nota ma ampiamente disponibile in tutto il territorio nazionale.

Tuttavia, poiché la quantità di calore sulla terra cambia da luogo a luogo, è importante, per poterlo utilizzare, conoscere la quantità massima di calore o di acqua, che si può prelevare dal suolo e dalle acque sotterranee in un determinato territorio senza raffreddarle. Per calcolare questa quantità, si ricostruisce un modello geotermico del sottosuolo attraverso le analisi chimiche e fisiche delle acque sotterranee e le analisi geofisiche, una sorta di “radiografia” del sottosuolo. I risultati del progetto saranno presentati a Napoli, venerdì 8 aprile, nell’ambito del convegno “Geotermia per la transizione energetica. Riscaldamento e raffrescamento rinnovabile” a cura del Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli Parthenope, dell’Unione Geotermica Italiana e in coordinamento con la Piattaforma Geotermica, i risultati del progetto GeoGrid “Tecnologie e sistemi innovativi per l’utilizzo sostenibile dell’energia geotermica”. La presentazione si avvarrà del docufilm: «Il grand tour del XXI secolo. Napoli tra arte e tecnologia» girato in collaborazione con la CNR WebTv. L’evento aperto anche al grande pubblico, previa registrazione, si terrà presso il Complesso di Villa Doria D’Angri a Napoli. Il progetto GeoGrid, finanziato con fondi FESR 2014/2020 dalla Regione Campania è stato realizzato dal consorzio: CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università degli studi di Napoli “Parthenope”, Università degli studi di Napoli “Federico II”, Università degli studi della Campania “Vanvitelli”, Università degli studi del Sannio, INGV- Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, CrdC Tecnologie Scarl, Graded S.p.A. Il CNR-ISMAR, nell’ambito del progetto GeoGrid, si è impegnato fortemente per migliorare la capacità di “visualizzazione” dell’invisibile mondo sotterraneo. Come spiega Marina Iorio, ricercatrice CNR-ISMAR, “abbiamo lavorato per sviluppare dei metodi di analisi congiunta di dati geofisici, mettere a fuoco queste “radiografie” e sviluppare un software specifico il “Geogrid Viewer”, che restituisca una visione 3D virtuale ma altamente fedele dei serbatoi geotermici. Acquisire queste conoscenze è stato propedeutico per il lavoro dei partner di progetto, coordinati dall’Università di Napoli “Parthenope”, che hanno sviluppato un prototipo di impianto atto a produrre energia elettrica e termica, grande quanto un piccolo container, quindi facilmente installabile in un giardino o nel cortile di un fabbricato, e per sviluppare un sistema di monitoraggio e di miglioramento delle prestazioni energetiche degli impianti di geoscambio, utili, per riscaldare e/o raffrescare le nostre abitazioni”.

Per partecipare all’evento è necessario registrarsi al link:
https://www.eventbrite.com/e/geotermia-per-la-transizione-energetica-tickets-291314277847

Sito web del progetto: https://www.geogrid.it/

Per maggiori informazioni: marina.iorio@cnr.it

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L’asteroide dei dinosauri nato ai confini del Sistema Solare

Un team di scienziati internazionali, a cui ha partecipato anche l’istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), ha studiato le tracce dell’impatto dell’asteroide che causò l’estinzione dei dinosauri 66 milioni di anni fa.
Il team ha analizzato campioni provenienti dallo strato che delimita la transizione Cretaceo-Paleogene utilizzando una tecnica analitica di nuova concezione incentrata sui rapporti isotopici dell’elemento rutenio. Tale transizione rappresenta l’ultimo grande evento di estinzione di massa sulla Terra, durante il quale si è estinto più del 70% di tutte le specie.
Secondo una teoria ampiamente accettata, l’estinzione di massa della fine del Cretaceo fu causata dall’impatto sulla Terra di un asteroide di diametro superiore a 10 km che ha colpito la Terra a Chicxulub (Messico). L’asteroide e porzioni della crosta terrestre prossime al luogo dell’impatto furono polverizzate e vaporizzate a causa dell’energia rilasciata dall’impatto. Le particelle si sono distribuite in tutto il globo e nella stratosfera, causando una riduzione della luce solare e dei processi di fotosintesi per diversi anni. Questo ha comportato cambiamenti drammatici per l’abitabilità della Terra. Per anni, l’origine all’interno del Sistema solare del proiettile sono rimaste una questione molto dibattuta.
Le particelle di polvere prodotte dall’impatto si ritrovano oggi in uno strato di argilla che rappresenta il limite Cretaceo-Paleogene (K-Pg). Lo strato K-Pg è esposto in molte zone della Terra e alcune delle località più studiate sono in Umbria e nelle Marche. Lo strato K-Pg è noto per le sue elevate concentrazioni di elementi del gruppo del platino (osmio, iridio, rutenio, platino, rodio, palladio). Tale arricchimento deriva dall’asteroide vaporizzato, poiché questi elementi sono in genere molto più rari nelle rocce crostali terrestri.
Analizzando la composizione isotopica del rutenio, un elemento del gruppo del platino, in campioni provenienti dallo strato limite K-Pg, il team di ricercatori ha dimostrato che l’asteroide Chicxulub si è originariamente formato nelle porzioni esterne del sistema solare. “Abbiamo scoperto che la composizione dell’asteroide che ha impattato a Chicxulub è la stessa dei meteoriti carbonacei, che sono frammenti di asteroidi carbonacei (di tipo C) che si sono originariamente formati oltre l’orbita di Giove”, ha affermato Mario Fischer-Gödde dell’Università di Colonia, primo autore dello studio.
Per fare un confronto, il team ha analizzato anche le composizioni isotopiche del rutenio di altri crateri terrestri e strati di ejecta di varie età presenti nella documentazione geologica. Questi dati mostrano che negli ultimi 500 milioni di anni la composizione dominante dei corpi impattanti sulla Terra era costituita da frammenti di asteroidi rocciosi (di tipo S). A differenza dell’impatto di asteroidi di tipo C al confine K-Pg, questi asteroidi di tipo S si sono formati all’interno del sistema solare. Infatti, circa l’80% di tutti i meteoriti che colpiscono oggi la Terra derivano da asteroidi di tipo S.
Alessandro Bragagni, ricercatore del Cnr-Ismar coautore dello studio, ha aggiunto: “I nostri risultati mostrano che quello di Chicxulub è finora l’unico grande asteroide di tipo C ad essere stato identificato nella storia geologica recente. Per trovare asteroidi simili bisogna probabilmente andare molto più indietro nel tempo geologico. Tracce di tali eventi si trovano in carotaggi di rocce risalenti a miliardi di anni fa”.

Next seminar

Giovedì 15 maggio ore 11:00    –    ON LINE LINK

Prof. Andrea Fildani (Università Federico II, Napoli – DiSTAR)
“The building blocks of submarine fans: insights for high-resolution imagery of modern systems”

Flyer

Il Prof. Andrea Fildani è docente di geologia stratigrafica e sedimentologia, presso il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e Risorse dell’Università Federico II di Napoli

Attestato di partecipazione:
richiederlo in chat a inizio seminario. L’attestato viene rilasciato a chi rimane in sala per l’intero seminario

“Partecipando a questo incontro, accetti che lo stesso venga registrato e reso disponibile. Dalla registrazione verranno eliminati lista dei partecipanti e chat”
Ricordiamo a tutti di tenere spento il proprio microfono. Accenderlo solo in caso di intervento.

“By accessing this meeting you acknowledge that it will be recorded and made available. Chat and participant list will not be recorded.”
We ask everybody to mute their microphone, unless intervening. Please write your questions in the chat