Cnr-Istituto di Scienze Marine

L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche svolge attività di ricerca fondamentale e applicata in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina.

L’obiettivo è contribuire allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica, allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste.

                               L’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISMAR) svolge attività di

Ricerca Fondamentale e Applicata

in oceanografia fisica, chimica e biologica e in geologia marina con l’obiettivo di contribuire sia allo studio dei processi oceanici e della variabilità climatica che allo sviluppo di sistemi/servizi per l’osservazione, la protezione e la gestione sostenibile dell’ambiente marino e delle coste

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Workshop Galassi 2025 “La risorsa acqua, dalle Dolomiti al mare. I ghiacciai e la loro conservazione”

Dal 09/07/2025 ore 08.00 al 12/07/2025 ore 15.00
Riufugio Galassi Città di Mestre, Forcella piccola Antelio, Calalzo di Cadore (BL)

Torna il laboratorio su acqua e ambiente al rifugio Galassi, dal 9 al 12 luglio 2025.

Diretta streaming >

Un anno fa la valanga della Marmolada; ieri la temperatura del mare arrivava a 27.8 gradi; i Poli sorvegliati speciali perchè sentinelle degli accadimenti climatici che arrivano fino alle nostre latitudini.
Si torna così a parlare di ambiente con “La risorsa acqua, dalle Dolomiti al mare”, quarta edizione del laboratorio multidisciplinare, con il Comune di Venezia capofila di un parterre che si è consolidato e allargato negli anni, assieme al grande interesse degli istituti scientifici.

Il 3 luglio, a Ca’ Loredan, si è svolta la conferenza stampa di presentazione della nuova edizione, che si terrà dal 9 al 12 luglio, come sempre al rifugio Pietro Galassi città di Mestre, alla Forcella Piccola dell’Antelao.
“Siamo arrivati al quarto anno e l’interesse accademico e della scienza è sempre più importante, aumentano i partner coinvolti nel convegno/laboratorio e Venezia fa da catalizzatore a un lavoro sempre più corale – ha spiegato l’assessore all’Ambiente del Comune di Venezia Massimilano De Martin – Questa tre giorni è un’occasione per far capire che le decisioni vanno prese in maniera condivisa e con coscienza”.
“Il sistema terra è fatto di connessioni e quanto avviene in Artico influenza le Dolomiti e influenza Venezia – ha spiegato Giuliana Panieri, direttrice dell’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche, coinvolto quest’anno nell’iniziativa che approfondisce il tema dei ghiacciai e della loro conservazione – Inoltre i fenomeni vanno conosciuti perchè tutti noi possiamo proteggere l’ambiente. Appuntamenti come questi sono, quindi, importantissimi”.

Anche Francesco Trovò, professore associato dello Iuav Venezia, ha sottolineato il legame Dolomiti-Venezia, Mose-Marmolada: “Sono tematiche legate intrinsecamente e quella al Galassi è un’occasione per condividere e confrontarsi, lì dove la natura non è solo evocata”.

In rifugio ci saranno anche le nuove generazioni, dai ragazzi inviati dall’Unesco, agli studenti di Ca’ Foscari che potranno fare un’esperienza di lavoro sul campo: “L’università, del resto, è da dieci anni in prima linea e ora deve affrontare il sempre più gravoso problema ambientale in maniera multidisciplinare: fenomeni complessi vanno analizzati dal punto di vista delle scienze e delle scienze umane” ha spiegato Corinna Guerra, con cattedra Unesco del corso Water heritage development.

Partner dalla prima ora il Cai Mestre, presente in conferenza con il presidente regionale Francesco Abbruscato e il presidente del Comitato scientifico Veneto, FVG e Trentino Alto Adige Marco Cabbai: “Si è registrato lo zero termico sopra i 5 mila metri, segno preoccupante e questa è un’occasione per condividere le nostre conoscenze e poi diffonderle”.

“Ricerca, scienza e tecnologia vanno portate su un piano concreto per affrontare sul serio il cambiamento climatico, che nel nostro caso specifico tocca l’elemento acqua: dal Mose, ai fiumi, alle laminazioni, ai rischi idrogeologi e alla meteorologia e la presenza da quest’anno di Arpav ci permetterà di dare visione diversa” ha concluso De Martin.

Con il Comune di Venezia, contribuisce al progetto fin dalla sua prima edizione il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Tra gli altri partner dell’iniziativa coinvolti nelle successive edizioni sono: Club Alpino Italiano, Città Metropolitana di Venezia, Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità, Ufficio Regionale UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa, Fondazione Dolomiti UNESCO, Europe Direct Venezia, Università IUAV di Venezia, Università Ca’ Foscari Venezia, ARPAV, Consorzio di Bonifica Acque Risorgive.
Hanno partecipato alla conferenza stampa di presentazione anche Angela Pomaro dell’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche, referente CNR per l’iniziativa; Sara Pavan dirigente dell’U.O. Idrologia per Arpa Veneto; Alessandra Costa, direttore generale Fondazione Venezia Capitale mondiale della sostenibilità, Genny Busetto della società Mitilla; Francesca Vianello per il Comune di Venezia – Europe direct.

Galleria immagini: https://v41.it/L1mgz

Contributi video:

Organizzato da:
CNR
Comune di Venezia, Club Alpino Italiano, Città Metropolitana di Venezia, Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità, Ufficio Regionale UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa, Fondazione Dolomiti UNESCO, Europe Direct Venezia, Università IUAV di Venezia, Università Ca’ Foscari Venezia, ARPAV, Consorzio di Bonifica Acque Risorgive

Referente organizzativo:
Angela Pomaro
Cnr-Ismar
Arsenale Tesa 104, Castello2737F 30122 Venezia
angela.pomaro@cnr.it

Modalità di accesso: ingresso libero

Vedi anche:

Il monitoraggio satellitare dei rifiuti marini diventa realtà

Il nuovo sviluppo tecnologico per rilevare l’inquinamento da plastica galleggiante è stato testato nel Mar Mediterraneo. Utilizzando i satelliti attualmente in orbita, i ricercatori hanno ottenuto una visione senza precedenti delle emissioni e delle aree di accumulo dei rifiuti marini. La futura implementazione di un sensore satellitare appositamente progettato per questo scopo potrebbe aumentare di venti volte la capacità di rilevamento attuale.

I satelliti sono una nuova opportunità per monitorare l’inquinamento marino da plastica. Tuttavia, fino ad ora, la quantità di plastica sulla superficie del mare raramente era abbastanza elevata da generare un segnale rilevabile dallo spazio. La plastica e altri detriti galleggianti devono essere aggregati in zone dense di almeno decine di metri per essere rilevabili dai satelliti esistenti. Queste macchie galleggianti sono chiamate chiazze, strisce o andane. In inglese si usa spesso il termine windrows. Questi accumuli superficali hanno spesso la forma di filamenti, essendo il risultato della presenza di convergenza nelle correnti sulla superficie del mare.

La presenza di una striscia è indicativa di un elevato inquinamento in un luogo e in un momento particolari. Tuttavia, lo sviluppo di una missione spaziale dedicata al monitoraggio globale dell’inquinamento da plastica basata sull’utilizzo di tali chiazze sparse ed effimere, solleva grandi domande. “Non sapevamo se l’abbondanza di queste chiazze fosse sufficiente per tracciare mappe o per rivelare tendenze nel tempo”, nota Andrés Cózar, dell’Università di Cadice (Spagna) e co-direttore del lavoro insieme a Manuel Arias, dell’Istituto di Scienze Marine, del CSIC (Spagna). Il lavoro è stato finanziato dal Discovery Element dell’Agenzia spaziale europea (ESA) ed il consorzio è composto da società spaziali multinazionali e istituti di ricerca di 6 paesi. Fanno parte del team anche Stefano Aliani e Giuseppe Suaria dell’Istituto di Scienze Marine (ISMAR) di Lerici.

Utilizzando una serie storica di 300.000 immagini satellitari raccolte nel corso di 6 anni, il team di ricercatori ha scansionato l’intero Mar Mediterraneo ogni tre giorni con una risoluzione spaziale di 10 metri, per valutare se le strisce presenti sulla superficie dell’oceano potessero essere usate come proxy per il monitoraggio dei rifiuti marini. Si sono affidati ai satelliti Sentinel-2 del programma Copernicus dell’Unione Europea, i cui sensori, però non sono progettati per il rilevamento dei rifiuti, ed hanno quindi una capacità piuttosto limitata per il rilevamento della plastica. “Cercare aggregati di rifiuti di diversi metri sulla superficie dell’oceano è come cercare aghi in un pagliaio”, spiega Manuel Arias. L’automazione di questo compito è stata possibile solo con l’uso di supercomputer e algoritmi di ricerca avanzati.

Sono stati trovate migliaia di strisce di rifiuti. Molte erano lunghe più di un chilometro e alcune fino a 20 km. Abbastanza per creare la mappa più completa fino ad oggi dell’inquinamento dei rifiuti marini nel Mediterraneo. “Il rilevamento dei rifiuti con un satellite non specializzato ci ha permesso comunque di identificare le aree più inquinate e i loro principali cambiamenti nel corso di settimane o anni. Per esempio, si è visto che molti rifiuti entrano in mare quando ci sono i temporali”, afferma Andrés Cozar.

“Un importante contributo di questo lavoro è stato la comprensione del significato delle strutture di accumulo in strisce superficiali di rifiuti nel contesto del monitoraggio marino – spiegano Aliani e Suaria – e si è visto che gli accumuli nelle windrows costiere sono principalmente associati alle emissioni di rifiuti terrestri avvenute nei giorni immediatamente precedenti”. Questa caratteristica rende queste formazioni particolarmente utili per la sorveglianza e la gestione del problema dell’inquinamento da plastica e gli autori illustrano questa applicabilità con casi reali. Infatti, il lavoro fornisce informazioni per la valutazione dell’efficacia dei piani d’azione contro i rifiuti marini a Roma (Italia), identificano un punto critico di inquinamento legato all’elevato traffico navale attraverso il Canale di Suez (Egitto) e utilizzano il satellite per fornire indicazioni per le operazioni di pulizia nel Golfo di Biscaglia (Spagna).

“Questo strumento è pronto per essere utilizzato in altre regioni del mondo e, siamo convinti, ci insegnerà molto sul fenomeno dei rifiuti, compresa l’identificazione delle fonti e dei percorsi verso l’oceano”, affermano gli autori. “C’è ancora margine di miglioramento. Il sensore utilizzato nella nostra prova non è stato progettato per rilevare la plastica. La capacità di rilevamento migliorerebbe enormemente se mettessimo in orbita una tecnologia di osservazione dedicata alla plastica”, sottolineano.

D’ora in poi, la possibilità di monitorare l’inquinamento dei rifiuti marini dai satelliti si rivela non solo fattibile, ma alquanto promettente. L’implementazione di un sensore ad alta risoluzione specificamente dedicato al rilevamento e all’identificazione di oggetti galleggianti di un metro di dimensione potrebbe essere utile anche in altre questioni rilevanti come il monitoraggio degli sversamenti di petrolio, perdite di carico dalle navi o attività di ricerca e salvataggio in mare.

Insieme ai ricercatori del CNR-ISMAR di Lerici, il gruppo internazionale è composto da ricercatori dell’Università di Cadice e del CSIC in Spagna, dell’Agenzia spaziale europea (ESA), ARGANS Francia, Universitat Politècnica de Catalunya (Spagna), Università Tecnica di Creta (Grecia), ARGANS Ltd. (Regno Unito), AIRBUS Defence and Space (Francia), Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione Europea, The Ocean Cleanup (Paesi Bassi) e ACRI-ST (Francia). Lo studio è stato finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e dal Ministero Spagnolo della Scienza e dell’Innovazione (Global Litter Observatory, rif. CTM2016-77106-R/ AEI/10.13039/501100011033/ Unione Europea NextGenerationEU/PRTR).

Articolo originale: A. Cózar and M. Arias et al. 2024. Proof of concept for a new sensor to monitor marine litter from space. Nature Communications, https://doi.org/10.1038/s41467-024-48674-7

Autori CNR-ISMAR, Lerici: Stefano Aliani (stefano.aliani@cnr.it 3476413562); Giuseppe Suaria (giuseppe.suaria@cnr.it 3403673260)

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Giovedì 19 giugno  ore 14:30    –    ON LINE LINK
Dr. Fabrice Arhuin (CNRS, IRD, Ifremer, Laboratoire d’Océanographie Physique et Spatiale)
Sizing the largest ocean waves using the SWOT mission”  
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